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giovedì 21 luglio 2011

IN RICORDO DI ALBERTO VARONE

Un pezzo del testo che ho riscritto per ricordare Alberto Varone, imprenditore di Sessa Aurunca, ucciso dalla camorra il 24 luglio del 1991. L'intero testo verrà recitato la sera del 24 luglio a Maiano di Sessa Aurunca, nel bene confiscato al Clan Moccia, nell'ambito del Festival dell'Impegno Civile promosso da Libera e dal Comitato don Peppe Diana

"...Quella notte me la ricordo bene. Era il 24 luglio del 1991. C’era un forte odore di finocchio selvatico. Ai bordi della strada statale ce n’era tantissimo. Erano in piena fioritura e le infiorescenze gialle non avevano ancora i frutti maturi.
La sera prima avevo ricevuto una telefonata che mi aveva lasciato molto turbato, preoccupato. Minacce mi erano già state fatte. Volevano prendersi la mia attività, sia quella di distributore di giornali che il negozio di mobili. Mi ero reso conto che chi mi minacciava aveva alzato il tiro ed era disposto a tutto. Cominciavo a temere per la mia incolumità. Ora poteva accadermi di tutto. Non ne parlai con mia moglie...
Mi avviai, come sempre, alla volta di San Nicola La Strada. Arrivato al chilometro 183 dell’Appia, in località “Acqua Galena”, nel comune di Francolise, tra Teano e Sessa Aurunca. Notai dallo specchietto retrovisore un’auto che mi veniva dietro. Accelero un po’ per cercare di capire se seguiva me o era qualcuno in viaggio per fatti suoi. L’auto dietro di me accelera per aumentare l’andatura. Ingrano la terza per andare ancora più veloce e dietro di me l’altra auto fa altrettanto. Anzi ora accelera di più. Si avvicina minacciosamente. Non mi ero sbagliato, seguivano me. Distinguevo le sagome di almeno due persone in quell’auto che mi veniva dietro. Accelera ancora di più. Ma ecco, mi affianca. Ingrano la quarta per sfrecciare di più. Sparano dalla mia sinistra da una distanza non  inferiore a tre metri, senza fermarsi e senza tentennamenti. Uno, due, tre…  Sono attimi. Il cuore mi sale in gola. Va in frantumi il vetro del finestrino. Le schegge di vetro mi penetrano dappertutto. Sento tanto calore nel mio corpo. Sono i fori dei colpi di pistola. La mia auto sbanda. Non ho più la forza per reggere lo sterzo. E vado a sbattere con la parte anteriore sul lato sinistro della mezzeria della statale Appia. La mia corsa è finita proprio sopra un bel mucchio di finocchi selvatici. Ne crescono tanti da queste parti da maggio ad agosto e sento nel naso il loro forte odore. Sono colpito in varie parti del corpo. Non ce la faccio a muovermi. L’auto scappa. La sento sgommare. Sono con la testa riversa sul manubrio. Penso al peggio. Ma non sono ancora morto. Penso ai miei figli ad Antonietta, a quando sapranno di tutto questo. Ma in poco tempo perdo i sensi e mi risveglierò in ospedale..."

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