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sabato 8 ottobre 2011

PALERMO: FESTIVAL LEGALITÀ CELEBRA GIORNALISTA MARIO FRANCESE


Fu il primo ad intuire la pericolosità di un gruppo di mafioso come i Corleonesi guidati da Totò Riina. Mario Francese, giornalista, ucciso il 26 gennaio del 1979 per queste sue intuizioni e per le sue denunce, è stato ricordato al Festivale delal legalità di palermo. Un festival arrivato alla  4/a edizione e  che a Palermo, per sette giorni, ha ospitato dibattiti e mostre sulla lotta alla criminalità organizzata. La giornata di oggi è interamente dedicata alla memoria di Mario Francese, il giornalista ucciso dalla mafia il 26 gennaio del 1979. Francese fu l'unico a intervistare la moglie di Totò Riina, Ninetta Bagarella, e il primo a capire i nuovi interessi della mafia corleonese. Per ricordare il suo giornalismo investigativo è stato presentato, nella sala magna di palazzo Steri, il libro 'Il quarto comandamentò, di Francesca Barra, vincitrice lo scorso anno del premio intitolato al giornalista siciliano. All'incontro, moderato da Roberto Puglisi. Presenti il magistrato Laura Vaccaro, Giulio Francese, primogenito di Mario e il consigliere dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia, Riccardo Arena. Con loro, anche alcuni studenti di Palermo. «Sono felice che, dopo 32 anni, si parli di mio padre Mario Francese e di mio fratello Giuseppe, con il primo libro scritto sul loro conto - ha detto il figlio Giulio, rivolgendosi ai ragazzi -. Eliminando Mario Francese, la mafia ha riconosciuto, ahimè, il valore professionale che altri colleghi non hanno avuto in quegli anni, mentre erano ancora vivi boss di primo piano. Eppure, dopo la sua morte, è calata una cappa di silenzio preoccupante».

Nel libro non mancano, infatti, riferimenti anche agli anni bui in cui l'omicidio Francese viene dimenticato. L'inchiesta archiviata verrà riaperta soltanto su richiesta della famiglia molti anni dopo e la sentenza arriverà nel 2001, con sette condanne, tra cui quella a 30 anni per il boss Totò Riina e altri componenti della cupola, come Leoluca Bagarella e Michele Greco, oltre all'ergastolo per Bernardo Provenzano. Nelle motivazioni della sentenza i giudici scriveranno che, con l'uccisione di Francese, è stata eliminata «una delle menti più lucide del giornalismo siciliano, un professionista estraneo a qualsiasi condizionamento, privo di ogni compiacenza verso i gruppi di potere collusi con la mafia e capace di fornire all'opinione pubblica importanti strumenti di analisi dei mutamenti in atto all'interno di Cosa nostra, in grado di anticipare gli inquirenti nell'individuare nuove piste investigative. Con la sua morte si apre la stagione dei delitti eccellenti».

 All'incontro è intervenuta anche Laura Vaccaro, magistrato che ha riaperto le indagini sul processo agli assassini di Mario Francese. «Sono un sostituto procuratore che appartiene alla categoria dei 'mentalmente disturbatì, come sono stati definiti i pm - ha detto il magistrato -. Il processo è stato possibile per la forza dei figli e perchè noi magistrati abbiamo potuto utilizzare degli strumenti importanti, come i collaboratori di giustizia, da utilizzare con equilibrio. Oggi questo elemento è visto negativamente.

Un altro strumento fondamentale è quello delle intercettazioni, delle quali non abbiamo potuto disporre nel processo Mario Francese, ma che ci permettono di combattere la mafia non con la clava, ma con le armi giuste. Il problema vero è la paura di quello che le intercettazioni possono rivelare». «Quando ho pronunciato la requisitoria al processo - ha aggiunto il sostituto procuratore - ricordo la dignità, l'abbraccio silenzioso e commosso della famiglia Francese, quando è stata emessa la sentenza di primo grado». «Molte storie di mafia vengono raccontate e scoperte grazie a film e sceneggiati, che le portano alla ribalta, non è stato così per Mario Francese, sconosciuto a molti. Ho voluto scrivere un libro che fosse accessibile a molti, per fare conoscere la storia di una famiglia e perchè la memoria è un esercizio d'amore». Ha sottolineato Francesca Barra, conduttrice radiofonica del programma 'La bellezza contro le mafiè, spiegando il senso del proprio libro 'Il quarto comandamentò, sulla storia del giornalista Mario Francese, presentato allo Steri di Palermo.

«Per 20 anni i familiari hanno dovuto convivere con una morte non riconosciuta, con un abbandono delle istituzioni e con un giornale all'epoca non coraggioso come il suo cronista», ha poi fatto notare Silvia Francese, nipote di Mario, leggendo alcuni passaggi tratti dal volume. «Fare memoria vuol dire essere coerente con i propri principi, porsi delle domande, capire chi sceglie di pubblicare una notizia e come lo fa, essere informati e responsabili, altrimenti non ha senso ricordare chi si è sacrificato per la mafia», il commendo di Giulio Francese, che ha ricordato la figura del padre agli studenti palermitani presenti nello Steri durante la giornata del festival della Legalità dedicata al giornalista ucciso. «Nel congedarsi dalla redazione, Mario Francese amava ripetere 'Uomini del Colorado, vi saluto e me ne vadò - ha aggunto Giulio - lo dico per invitarvi a scoprire anche il lato sorridente di mio padre, ricordato nel libro».

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