“Grazie”.
Il foglio con la scritta in stampatello lo mostra dal balcone di casa sua
Iolanda di Tella, la mamma di don Giuseppe Diana, mentre alcune migliaia di
persone sfilano per via Garibaldi per ricordare il figlio ucciso dalla camorra
il 19 marzo del 1994. Non riesce a trattenere le lacrime l’anziana donna mentre
dal corteo gridano "Don Peppe è vivo e lotta insieme a noi". Al suo fianco
Emilio, l’altro figlio, la sorregge anche lui commosso per la fiumana di gente
che sfila. Il corteo, aperto dallo striscione “per amore del mio popolo”, che
richiama il documento contro la camorra scritto da don Peppino nel 1991 insieme
ad altri sacerdoti della Foranìa, si è avviato poco dopo le 9 dal parco dedicato
a don Diana, alla periferia della città, e si è snodato lungo le tortuose vie di
Casal di Principe. A sorreggere lo striscione il figlio di Domenico Noviello,
Massimiliano, il figlio di Antonio Di Bona, Salvatore, il marito di Silvia
Ruotolo e numerosi altri familiari di vittime innocenti della criminalità. Tra
loro anche don Luigi Ciotti, il presidente dell’associazione Libera. A seguire
decine di scuole, medie e superiori, provenienti da tutta la regione. “I
casalesi onesti siamo noi”, cantavano tanti ragazzi accompagnati dai loro
professori. Un ritornello che ad un certo punto ha pervaso l’intero corteo.
Quando la testa del lungo serpentone è arrivata nei pressi della scuola
elementare e materna dedicata proprio a don Diana, i bambini che erano in
classe, sono usciti tutti, accompagnati dalle maestre, per parlare con don Luigi
Ciotti. Il presidente di Libera non si è sottratto. Si è accovacciato tra loro
chiedendo se conoscevano Don Peppino. “Si, era un sacerdote di Casale che
lottava contro la camorra” ha risposto decisa una bambina. “Ecco, noi siamo qui
per lui, ma anche per voi che siete così piccoli”.Poco dopo l’abbraccio tra don
Ciotti e la mamma di Don Diana. Iolanda di Tella piange.“Non mi passa, non mi
passa – dice stringendo don Ciotti – è più forte di me. Più passano gli anni e
più il dolore è non riesco a sopportarlo”.
Il
corteo è arrivato poi nella chiesa di San Nicola di Bari, dove quella mattina di
19 anni fa don Peppino fu ucciso alle 7,30 con quattro colpi di pistola. La
chiesa, pur grande, non riesce a contenere tutti. Si riempiono le tre file di
banchi, le navate laterali, i corridoi centrali. I ragazzi si siedono a terra,
altri non riescono ad entrare. Gli organizzatori l’avevano previsto. Ci sono
altoparlanti anche fuori la chiesa. Alcune centinaia di persone restano sul
sagrato. “Benvenuti nelle terre di don Peppe Diana - dice dal microfono
Salvatore Cuoci, che presenta la manifestazione a nome di Libera e del Comitato
don Diana - la presenza di così tanti giovani a Casal di Principe, annuncia due
giorni prima l’arrivo della primavera. Dietro di me – dice Cuoci – ci sono
quattro sedie vuote. Rappresentano quattro persone insignite dalla medaglia
d’oro al valore civile: Don Giuseppe Diana, Mimmo Noviello, Federico del Prete e
Joseph Aiymbora e che hanno dato la vita. Noi vogliamo ricordarli
così.
“Don
Peppino oggi è contento della vostra presenza - ha detto il parroco della chiesa
di San Nicola di Bari, don Franco Picone – lui ha amato questa terra a tal punto
che ha dato la vita per il suo popolo. Mi auguro che in ogni parte del mondo ci
siano persone che possano amare la propria terra come l’ha amata don Peppino”. E
Silvana Riccio, commissario straordinario del Comune di Casal di Principe, si è
impegnata a intitolare la sala consiliare a don Giuseppe Diana. La proiezione
del filmato “Da terra di camorra terra di don Diana”, che racconta di don
Peppino e di cosa è accaduto dopo la sua morte, ha strappato un lungo applauso.
Poi i ragazzi hanno parlato loro. Come sanno fare: con canti poesie, letture,
pensieri. Dopo gli interventi previsti dei due magistrati Raffaello Magi e
Federico Cafiero de Raho, don Luigi Ciotti ha chiuso la mattinata. "Don Peppino
ha amato la sua gente e si è battuto per saldare la terra con il cielo.
Soprattutto si è battuto per la dignità e i diritti delle persone. Ha parlato
chiaro, come dice il Vangelo, ha chiamato per nome il male. Il suo messaggio è
ancora attuale e come diceva lui, bisogna risalire sui tetti per annunciare
parole di vita. La memoria da sola non basta - ha detto don ciotti - per
ricordare don Peppino". Ci vuole soprattutto impegno .
Ora
il popolo delle terre di don Peppe Diana, si aspetta passi concreti per la sua
beatificazione. Lo sa bene il Vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, che ha
previsto un incontro nel pomeriggio tra Monsignor
Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, postulatore della causa
di beatificazione di don Pino Puglisi, e Donato Ceglie, magistrato presso la
Procura generale della Repubblica di Napoli e amico di don Diana. Ancora don
Ciotti: “Se lo fa beato anche la chiesa è un di più – dice don Luigi – per noi
don Peppino Diana è già santo”. Ma
a battere su questo nervo scoperto della Chiesa è stato don Antonio Riboldi,
vescovo emerito di Acerra: "Non capisco il silenzio della Chiesa su don Giuseppe
Diana. Mentre si è impegnati a sottolineare l'opera, sicuramente meritoria, di
altri parroci vittime della mafia, come padre Pino Puglisi, per il quale appare
avviato il percorso verso la beatificazione, avverto un imbarazzante silenzio su
don Diana”. Una polemica rispedita al mittente dal vescovo di Aversa, monsignor
Angelo Spinillo che in serata a Casal di Principe, nel corso di una
discussione tra Monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di
Catanzaro-Squillace, postulatore della causa di beatificazione di don Pino
Puglisi, e Donato Ceglie, magistrato presso la Procura generale della Repubblica
di Napoli ha detto: “Don Riboldi
evidentemente è male informato. Non conosce tutte le iniziative che abbiamo
messo in campo per don Diana”.
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