"Un giorno diverrò grande. Eppure non riesco a immaginarmi. Forse me ne andrò, forse no. Mi mancherebbero le gite, la pizza che porta papà dopo il lavoro. Adoro la pizza fritta"
(dal Diario di Annalisa)
NAPOLI – Gli occhi di 
Giovanni Durante, luccicano d’emozione. Non si aspettava che tanta gente venisse 
a ricordare, dopo un mese, la morte di sua figlia. “Giannino”, come lo ha 
chiamato confidenzialmente Loigino Giuliano, l’ex boss del rione, è il padre di 
Annalisa, la ragazza  14enne uccisa la 
notte del 28 marzo scorso durante una sparatoria a via Vicaria Vecchia, nel 
quartiere di Forcella. Un mese dopo il quartiere si stringe attorno a lui per 
una fiaccolata nata da un appello della società civile napoletana. La  gente del rione ha risposto numerosa 
all’appello lanciato da tante associazioni di volontariato e da personalità 
della società civile impegnate sul fronte della cultura della legalità e della 
pace (Alex Zanotelli, Luigi Ciotti, Rita Borsellino, Tonino Palmese, Pasquale 
Salvio, Gianluca Stendardo, Alfredo Mendia, Sergio D'Angelo, Renato Briganti, 
Emilio Lupo, Aldo Policastro) e dal comitato “Noi per Forcella”. La protesta è 
contro la ferocia di una criminalità che non si ferma di fronte  a niente e a nessuno.  Sono arrivati in tanti, da Posillipo a  Capodimonte, dal Vomero a Chiaia, da 
Secondigliano a Ponticelli, dalla Sanità a Fuorigrotta, per rompere il muro 
della paura. Al fianco di “Giannino” camminano il sindaco di Napoli, Rosa Russo 
Iervolino, l’onorevole Alfonso Pecoraro Scanio e padre Alex Zanotelli, dietro 
uno striscione con la scritta «da Forcella una speranza per tutta la città». 
Dietro ancora, seguono più di un migliaio di persone. Tanta anche la gente del 
rione che si accalca dietro le prime file, nonostante poco abituata a 
frequentare marce e soprattutto a protestare contro la camorra. E’ quella stessa 
gente che ogni giorno sbarca il lunario con espedienti sempre diversi e che si 
barcamena tra legalità e illegalità. Che è passata da un’economia illegale, come 
quella del contrabbando di sigarette, ad un’altra, altrettanto illegale, del 
pizzo e della droga, sotto “padroni diversi”. Ieri il clan dei Giuliano, oggi 
quello dei Mozzarella. Ai balconi dei vicoli sono appesi tanti lenzuoli bianchi, 
in segno di adesione all’iniziativa. Il corteo, che si riunisce a piazza 
Calenda, vicino allo storico teatro Trianon, tocca il cuore del rione: Via 
Forcella, Vico Zite, sotto le finestre di Loigino Giuliano, quello che una volte 
era “ ‘o rre” di Forcella. Tanti 
restano affacciati dai balconi. In strada la gente del rione fa ala alla 
fiaccolata che avanza tra saracinesche che vengono abbassate. Nella 
manifestazione sono tanti i giovani che portano le bandiere per la pace. Si 
passa in via Duomo, via Vicaria Vecchia, dove venne uccisa Annalisa. Qui suo 
padre non può fare a meno di piangere. 
Mancava il parroco di 
Forcella, don Luigi Merola
Delusi tutti quelli 
che si aspettavano in prima fila anche Don Luigi Merola, il trentunenne  parroco di Forcella. L'invito al silenzio del 
cardinale di Napoli, Michele Giordano, evidentemente aveva centrato l’obiettivo 
di “calmare” il giovane sacerdote che un mese prima, invece, durante i funerali 
di Annalisa, aveva incitato i napoletani a ribellarsi alla camorra. “Faccia il 
prete non il poliziotto”, aveva ammonito il cardinale di Napoli. “Don Luigi non 
può fare il mestiere degli altri. E’ un ragazzo buono, che ha entusiasmo e  passione, mi lega a lui un rapporto filiale, 
ho il dovere di guidare i giovani sacerdoti. Ma don Luigi darà un contributo 
contro l’illegalità, solo nella misura in cui saprà educare i giovani, con un 
lavoro oscuro, di conversione. Un lavoro che non va sui giornali, è chiaro. 
Perché il bene non fa rumore. E il rumore non fa bene”.  Un invito che don Luigi, evidentemente, non 
ha potuto rifiutare, perché, come lui fa sapere: “chi fa  il prete, ha liberamente scelto di fare voto 
di “povertà, castità e obbedienza”. Il cardinale dice che vuole proteggerlo. 
Forse è anche così, ma sicuramente Giordano non ama “i preti anticamorra” e ce 
l’ha soprattutto con i giornali: “Giocano a creare il 
mito dei preti di frontiera, e non si accorgono di esporre a rischi enormi 
sacerdoti come don Luigi”. Il Cardinale Giordano, curiosamente, dopo aver 
chiamato alla mobilitazione gli uomini di Chiesa contro le discariche, ora 
invoca il silenzio contro la camorra. La Chiesa sembra di aver paura dei suoi 
esempi più meravigliosi. E tra Fra’ Cristofaro e don Abbondio è sempre pronta a 
capire le ragioni di quest’ultimo.
Le 
minacce a Don Luigi Merola ora sotto scorta
Don Luigi Merola ora 
è sotto scorta. L’8 aprile scorso il giovane parroco è stato minacciato di morte 
da due giovani armati, sotto casa sua, a Materdei. Il secondo episodio in pochi 
giorni, tanto che la Questura napoletana gli assegnerà la protezione di due  poliziotti della squadra dei “Falchi”. Ma 
ancora il 18 aprile sera, dopo la messa, all’ingresso della parrocchia di San 
Giorgio ai Mannesi a Forcella, due uomini si avvicinano a don Luigi: “Non 
abbiate timore, vi accompagnamo noi a casa  
che stasera non avete la scorta.” Poco dopo alcuni parrocchiani, visto lo 
sgomento di don Luigi, che rimane interdetto di fronte a quegli interlocutori 
che non conosce e che non promettono nulla di buono, si fanno avanti: “Don Luigi 
state tranquillo, veniamo anche noi,  vi 
portiamo a casa tutti quanti”. Qualche giorno dopo , il 25 aprile,  viene rafforzata la scorta per don Luigi 
Merola: un’auto dei carabinieri e tre unità della polizia che lo proteggerà 
giorno e notte.  Il cardinale Giordano 
dice di voler difendere don Luigi Merola dalla sua stessa inesperienza, ma alla 
lunga la sua posizione si mostrerà solo come un tentativo maldestro di  proteggere “la sua Chiesa”, quella che  guarda al mondo esterno “dalla finestra di 
una grande palazzo”, per usare le parole del francescano Leonard Boff. Don Luigi 
Merola non è un eroe, e sicuramente non ne ha nessuna voglia di diventarlo. Come 
non  erano eroi  né don Pugliesi, né don Diana. Anch’essi, 
nonostante siano stati ammazzati, non avevano nessuna volontà di lasciare 
anzitempo questo mondo. Avevano scelto di  
parlare alle coscienze della loro gente con la forza della parola del 
Vangelo.  Non sono stati uccisi perché 
parlavano troppo, ma perché altri stavano zitti. Si sono ritrovati soli, 
circondati da un silenzio assordante. Così come si sono ritrovati soli Falcone e 
Borsellino e tanti altri magistrati; così come si era ritrovato solo 
l’imprenditore Libero Grassi; così come si era ritrovato solo il giornalista 
Giancarlo Siani. E’ l’isolamento che ti costringe a diventare eroe e poi ti fa 
morire. Se ci fossero anche altri a denunciare, ad urlare, a fare, a costruire 
coscienze, nessuno lo diventerebbe, perché tutto rientrerebbe nella normalità di 
un comportamento quotidiano.  
L’esperienza delle associazioni antiracket che Tano Grasso  fa nascere in giro per l’Italia, risponde a 
questi criteri. E il cardinale Giordano, uomo di grande esperienza, avrebbe  invece fatto bene a consigliare gli altri 
preti a lanciare lo stesso  messaggio di 
don Luigi Merola, a parlare allo stesso modo, a chiedere ai cittadini di 
ribellarsi alla camorra, perché con i seminatori di morte, con quelli che 
esercitano la sopraffazione e la violenza come comportamento quotidiano, non ci 
si può convivere. 
Don 
Luigi Ciotti: “Il coraggio della denuncia è annunzio di 
salvezza”.
Ma se c'è una chiesa 
che sceglie il silenzio, c'è un'altra Chiesa che parla, alza la voce e invita a 
ribellarsi. Padre Alex Zanotelli e don Luigi Ciotti, sono ancora loro, in prima 
fila, ad alzare la voce, ad assumere il ruolo di quella chiesa profetica che sa 
costruire le coscienze. Prima dell’inizio della fiaccolata, dopo le canzoni 
della cantautrice per la pace, Agnese Ginocchio,  è padre Alex Zanotelli che invita a lottare 
contro “le camorre del mondo”. Alla fine della manifestazione toccherà a don 
Luigi Ciotti, in arrivo da Roma dalla manifestazione per la liberazione degli 
ostaggi italiani in Iraq, a scaldare i cuori della gente infreddolita sotto la 
pioggia. “La libertà di tutti si gioca sul terreno dei diritti sociali. Non 
potremo liberare gli ostaggi in Iraq se non liberiamo l’Italia dalla mafia e 
dalla camorra. Questo ci chiede Annalisa. Il coraggio della denuncia è annuncio 
di salvezza: che i camorristi sappiano tutto questo”. Parole che lasciano 
intravedere anche una polemica a distanza col cardinale di Napoli che chiede il 
silenzio ai suoi preti. Ma la parola ha la sua forza, come ben sapeva anche don 
Giuseppe Diana, un altro prete che ha pagato con la vita la scelta di non 
tacere. Don diana affermava:  “La Chiesa ha tra le mani uno strumento 
che Dio le ha consegnato: il Vangelo. E' proprio in nome di questo "lieto 
annuncio", questa parola di Dio - spada a doppio taglio - che noi dobbiamo 
"fendere" la gente per  metterla in crisi.” 
L’appello di 
“Loigino” Giuliano l’ex padrino di Forcella
Nei giorni 
immediatamente dopo la morte di Annalisa Durante, arriva, non richiesto, 
l’appello dell’ex boss del rione Forcella, Loigino Giuliano, che da due anni ha 
deciso di collaborare la giustizia. «Non fate in modo di essere ancora 
schiavizzati, vi invito ad andare avanti sino in fondo per battervi contro chi 
semina paura. Denunziate a voce alta chi vi fa ancora del male. Che fosse un 
Giuliano, un Misso o un Mazzarella, chiunque è responsabile della morte di 
quell’angelo di nome Annalisa». Quattro pagine scritte a stampatello e 
consegnate ai giudici della settima sezione del Tribunale, dove affiora la 
commozione e lo sdegno per l’uccisione di Annalisa. Loigino chiede alla gente di 
Forcella di denunciare i responsabili della morte della ragazza, pur sapendo che 
è coinvolto un suo nipote in questa vicenda, Salvatore, detto "ò 
montone", accusato di aver essersi fatto scudo col corpo della 
ragazza per salvarsi da una spedizione di morte di alcuni sicari arrivati a 
bordo di un motorino. Una “spedizione punitiva” del quartiere aveva tentato di 
farsi giustizia  immediatamente, 
picchiando la mamma di Salvatore Giuliano e inondando la sua casa di acqua, non 
prima di averla distrutta a colpi di bastone. «Vi esorto a dirlo - scrive 
Giuliano - senza coprire nessuno. Se davvero volete bene a quel fiore spezzato 
dalla brutalità di chi ha sparato e che ha spento per sempre quel sorriso, 
andate avanti e assieme alle istituzioni fate in modo da difendere don Luigi 
Merola, parroco del vostro quartiere, sostenendolo con tutte le vostre forze. 
Nessuno può mandare via don Luigi Merola dalla casa di Dio». Poi si rivolge al 
papà di Annalisa: «A te, caro Giannino, esprimo solidarietà dal più profondo del 
cuore, non arrenderti mai, anche se fosse un tuo fratello non permettere che a 
Forcella entri più anche un solo camorrista». Quindi l’appello ai «figli di 
Forcella e di Napoli: «Annalisa dal cielo vi sarà vicino e vi darà una mano in 
questa vostra lotta. Il nuovo Luigi Giuliano vorrebbe starvi accanto e in prima 
linea a battermi assieme a voi per il trionfo della giustizia e la legalità: 
cosa che mi è impossibile, ma il mio cuore è con voi». 




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