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martedì 11 ottobre 2011

IGNAZIO DE FLORIO, AGENTE DI CUSTODIA, UCCISO A CARINOLA L'11 OTTOBRE 1983, SENZA UN MOTIVO

Ignazio de Florio, agente di custodia nel carcere di Carinola, è una delle vittime dimenticate. Venne ucciso nello stesso giorno e quasi alla stessa ora  in cui fu ammazzato  Francesco Imposimato, a circa 50 chilometri di distanza. Ho ricostruito questa vicenda che presenta ancora molti lati oscuri e uscirà tra breve in una mia prossima pubblicazione.
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Sono le 16,00. Il turno è finito. Ne inizia un altro. I corridoi si animano di voci. Il rumore delle chiavi che girano nelle serrature per chiudere e aprire i cancelli dei reparti, rompe il silenzio che accompagna lo scorrere del tempo nel carcere di Carinola. Qui anche il cambio del turno degli agenti di custodia serve a spezzare la monotonia e la durezza dei luoghi. Qualche carcerato si alza dal letto, allunga le mani fuori dalle sbarre. Saluta i nuovi arrivati. Gesti che si ripetono ogni giorno e sempre uguali nella casa di pena. Il penitenziario di Carinola è stato riaperto dopo il terremoto del 23 novembre 1980 per ospitare i detenuti della criminalità organizzata, soprattutto quelli legati al clan di Raffaele Cutolo, la Nuova Camorra Organizzata (Nco). Fuori, nonostante la giornata autunnale, la temperatura è ancora tiepida. Siamo all’inizio di ottobre. E’ anche tempo di vendemmia e l’aria profuma di mosto che fermenta nelle botti nelle case dei contadini attorno al carcere. Dopo alcuni minuti si apre il portone dell’istituto di pena. Escono le auto. Sono quelle degli agenti di custodia che hanno smontato. Scene quotidiane. Si torna a casa. Esce per prima una Peugeot 304 di colore grigio-azzurro. La guida Ignazio De Florio, un giovane agente di 24 anni. Fa in fretta perché  lo sta aspettando la giovane moglie, Angelina Cozza. Dopo qualche minuto, a bordo di una Fiat 128, di colore verde,  esce anche un altro agente, Carlo De Nunzio. Tutte e due le auto imboccano la strada provinciale Carinola-San Donato. Procedono a circa cento metri di distanza l’una dall’altra. Lungo il percorso, ad un paio di chilometri dal carcere, c’è una Ford Fiesta di colore blu. Dentro ci sono delle persone, ma non sono loro amici. Sono lì per eseguire una sentenza di morte. Devono ammazzare un agente di custodia del carcere di Carinola. Vogliono seminare il terrore tra chi è preposto a mantenere l’ordine all’interno delle carceri. Gli agenti di custodia sono da alcuni anni nel mirino del terrorismo e della criminalità organizzata perché accusati di maltrattare i detenuti. Ammazzarne uno è come dare un segnale chiaro agli altri: “Stai attento, perché il prossimo puoi essere proprio tu”.  La Peugeot di Ignazio De Florio corre veloce verso casa. Dalla Ford Fiesta lo vedono arrivare. “Eccolo. State pronti” dice uno di loro. Nelle settimane precedenti i killer avevano già fatto dei sopralluoghi in zona per controllare gli orari degli agenti. Hanno deciso di colpire nella parte più isolata e dove ci sono vie di fuga più agevoli: Lungo la strada provinciale Carinola-San Donato. I killer hanno calcolato bene il percorso. Sono passati appena una diecina di minuti dalla fine del turno. Nell’auto preparano le pistole. Le impugnano con decisione. L’autista della Ford Fiesta accende il motore. Aspetta che la Peugeot li sorpassi. Pochi attimi e passa Ignazio De Florio e non ci fa nemmeno caso a quell’auto che lo sta aspettando. “Ora!… Vai!…”. Fa il killer seduto a fianco del guidatore.

La strada non è molto larga. La Ford Fiesta raggiunge e  affianca la Peugeot guidata da De Florio. Dai finestrini della Ford si sporgono due braccia che impugnano pistole. Mirano all’autista. Vogliono uccidere. Sparano numerosi colpi. Ignazio De Florio viene colpito ripetutamente. L’auto sbanda. Va a fermarsi poco più avanti nella cunetta laterale. I killer scendono dall’auto, vogliono finirlo.  Gli sparano il colpo di grazia. Dietro, c’è un’altra auto, quella di Carlo De Nunzio. Il militare vede la scena, ma non fa in tempo ad intervenire. Sparano anche contro di lui. Due colpi passano di striscio sul tetto della sua fiat 128. Si ferma. Ingrana la retromarcia, ma finisce nel fosso a lato della strada. Per uscire dall’auto e scappare, si infila dal finestrino anteriore. Corre nelle campagne per sfuggire all’agguato. Dopo pochi minuti riesce ad arrivare al carcere. E’ lui che dà l’allarme. “Hanno sparato ad un collega. Non so se l’hanno ucciso. Poi hanno sparato anche contro di me, ma sono riuscito a scappare”. Subito dopo Carlo De Nunzio si sente male e viene portato nell’infermeria del carcere. Sul posto accorrono il comandante degli agenti di custodia e il direttore del carcere. Vengono allertati anche i carabinieri. Saranno proprio questi ultimi ad accorgersi che Ignazio De Florio mostra ancora segni di vita. Così con un ambulanza lo fanno trasportare all’ospedale di Teano, ma muore poco dopo. Sono le 17 dell’11 ottobre del 1983. Venti minuti dopo, a Maddaloni, a cinquanta chilometri di distanza, un altro commando ammazza Francesco Imposimato, il fratello del giudice Ferdinando.

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