Si annuncia un uovo processo per la strage di via D'Amelio. Dopo le ultime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Carmine Spatuzza e Fabio Tranchina, il Procuratore capo di Caltanissetta, Sergio Lari e i pm, dopo avere chiuso l'indagine hanno trasmesso gli atti alla Procura generale per chiedere, appunto, la revisione del processo. Le carte sono state depositate ieri. Secondo i magistrati nisseni, che per mesi hanno ascoltato i neo pentiti Tranchina e Spatuzza, sette degli imputati condannati all'ergastolo in Cassazione sarebbero estranei alla strage di via D'Amelio. Si tratta di Salvatore Profeta, Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina, Giuseppe Urso, Gaetano Murana, Natale Gambino e Gaetano Scotto. Nello stesso filone d'inchiesta sono anche indagati per calunnia aggravata tre funzionari di Polizia che all'epoca ascoltarono il pentito Vincenzo Scarantino. La Procura ha depositato circa mille pagine di memoria in cui viene spiegato il motivo della richiesta di revisione.Spetta adesso al Procuratore generale Roberto Scarpinato, ex pm del processo Andreotti, decidere sulla revisione del processo.
«Decisione attesa e scontata dopo le rivelazioni di Gaspare Spatuzza - ha dichiarato il senatore Luigi Li Gotti, capogruppo dell'Italia dei Valori in commissione Antimafia - Si apre ora l'enorme scenario delle indagini depistate, delle confessioni false, del ruolo degli inquirenti». «Rammento - aggiunge - che da difensore di Scarantino (ossia l'uomo che si autoaccusò della strage, ora messo radicalmente in discussione da Spatuzza) rinunziai, dopo due mesi, al mandato difensivo (era l'ottobre del 1994) proprio perchè colsi nettamente l'inverosimiglianza del racconto». «Ora quelle perplessità sono diventate certezza. Vedremo - conclude Li Gotti - la verità che si riuscirà a fare affiorare».
Nasce un nuovo filone di indagine sulla strage Borsellino. Riguarderà il «colossale depistaggio», come lo ha definito il procuratore Sergio Lari, che venne organizzato dagli apparati investigativi e dai servizi segreti attraverso la manipolazione delle dichiarazioni di Vincenzo Scarantino. Oltre a chiedere la revisione del processo per sette dei condannati all'ergastolo con sentenza definitiva, la Procura di Caltanissetta ha deciso di stralciare la posizione di tre poliziotti, che facevano parte della squadra guidata dal questore Arnaldo La Barbera, ora indagati per calunnia.
Il gruppo avrebbe costruito una falsa verità sugli organizzatori e sugli esecutori dell'attentato che non ha retto alle diverse indicazioni date dagli ultimi due collaboratori Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina, a quel tempo uomini di fiducia del boss Giuseppe Graviano. Scarantino sarebbe stato indotto ad accusarsi di essere l'autore del furto della Fiat 126 imbottita di tritolo esplosa in via D'Amelio. Le sue dichiarazioni depistanti sarebbero state «suggerite» dagli stessi investigatori che avrebbero anche «taroccato» un verbale del 1994. Agli atti dell'inchiesta sono finiti alcuni fogli con le annotazioni di un poliziotto che avrebbe imboccato Scarantino alla vigilia dei suoi convulsi e contraddittori interrogatori in aula nei sette processi celebrati sulla strage. Degli investigatori sotto inchiesta sono finora trapelati i nomi di Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera. Facevano parte del pool coordinato da Arnaldo La Barbera, morto nel 2002. Nella stessa squadra lavorava Gioacchino Genchi che, non condividendo tecniche e modalità investigative, ne uscì dopo una polemica interna.
«Il clima è quello del 1992. Si respira la stessa aria con la politica in cerca di nuovi equilibri come allora e temo anche per la vita dei magistrati». È uno stralcio delle dichiarazioni con cui Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, commenta al mensile il Sud la conclusione delle indagini sulla strage di via D'Amelio da parte della Procura di Caltanissetta. Secondo i pm, il processo per l'uccisione di Paolo Borsellino e della sua scorta si sarebbe concluso con la condanna di sette innocenti, attualmente in carcere, con diciannove anni di depistaggi e misteri irrisolti. «Siamo ancora all'inizio - dice Salvatore Borsellino, leader del movimento delle Agende Rosse -. Ancora, ad esempio, non si sa nulla del capitolo riguardante la trattativa Stato-Cosa Nostra. E temo che, adesso che si riapre uno spiraglio per la revisione del processo, tutti quelli che in questi anni hanno mentito e depistato le indagini faranno di tutto per fermare i magistrati. La mia speranza è che si limitino al tentativo di delegittimazione già ampiamente in corso nei confronti di magistrati come Ingroia, Di Matteo e Lari che stanno cercando la verità. Ma si respira la stessa aria del '92 con la politica in cerca di nuovi equilibri come allora e temo anche per la loro vita»
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